
Lancillotto e Ginevra
di Riccardo Favaro e Giovanni Ortoleva
liberamente tratto da Chretien de Troyes, Sir Thomas Malory e Robert Bresson
regia di Giovanni Ortoleva
musiche di Pietro Guarracino
luci di Massimo Galardini
con Leda Kreider e Edoardo Sorgente
produzione Fondazione Teatro Metastasio di Prato
in collaborazione con Kanterstrasse, Capotrave/Kilowatt, Olinda
SINOSSI
Nella loro infinita, incolmabile distanza dal mondo reale, i romanzi cortesi parlano ad ogni epoca facendo riflettere su ciò che in essi si trova e che nella realtà manca. Non possiamo sapere che effetto facessero su chi li ascoltasse nella prima parte dello scorso millennio, ma a colpirci oggi non sono tanto gli animali fantastici o gli incantesimi quanto il mondo ideale dei cavalieri, la loro condivisione di valori per cui morire.
Oggi la tavola rotonda, la cui forma indicava che nessuno poteva esserne il vertice, è più inimmaginabile degli ippogrifi. Se è vero, come dice Denis De Rougemont, che l’Occidente si fonda sull’idea di amore descritto nei romanzi cortesi, viene naturale chiedersi come ha fatto a perdere tutto il resto che si trova in quelle pagine.
A questo proposito, proprio la storia di Lancillotto e Ginevra è cruciale. Quando la moglie di Re Artù e il suo cavaliere più valoroso avviano la loro relazione clandestina stanno mettendo in moto il processo che porterà alla fine del regno di Artù. Stanno decidendo, o non stanno riuscendo ad evitare, di distruggere la tavola rotonda. Stanno scegliendo l’amore al posto degli ideali. Stanno scegliendo per noi.